Aprile 29, 2024

Coniugazione propria e impropria: quali sono le differenze? Ecco alcuni esempi

verbi

La grammatica italiana è una delle più complicate al mondo, questo perché deriva dalle lingue latine e possiede una moltitudine di elementi. Per saper parlare correttamente l’italiano si devono conoscere le regole e le forme che ne derivano, tra queste ci sono la forma propria e impropria. Queste appartengono ai verbi chiamati “riflessivi” e ne esistono tipologie diverse. Ma come sono composti i verbi riflessivi? Quando si hanno le forme proprie e improprie? Di seguito maggiori approfondimenti seguiti da esempi caso per caso.

I verbi riflessivi

La forma propria o diretta

I verbi riflessivi sono quei verbi che servono quando si vuole esprimere un’ azione che ricade sul soggetto stesso, quindi che “riflette”. In grammatica, solo i verbi “transitivi” possono avere la forma riflessiva, cioè tutti quei verbi nei quali l’azione passa dal soggetto all’oggetto. Questi verbi sono sempre preceduti da quelle che si chiamano “particelle pronominali”, ovvero mi, ti, si, ci , vi. Le particelle pronominali hanno la funzione di complemento oggetto, questo risponde alla domanda “chi? che cosa?” ed è sempre usato con i verbi transitivi attivi.

Quando ci sono verbi composti, i verbi riflessivi sono sempre preceduti dall’ausiliare essere. Ad esempio “io mi sono vestito”. Nei modi finiti invece, le particelle pronominali precedono il verbo: io mi trucco, tu ti lavi, lei si veste..

Nei tempi verbali imperativo, infinito, participio e gerundio, le particelle si trovano alla fine dei verbi usati. Quindi la parola sarà “vestirsi“, “lavati“, “truccandosi“.

La forma impropria nei verbi riflessivi

La forma impropria invece si trova in quelli che si chiamano verbi riflessivi apparenti. Ad esempio, “Mi compro un mazzo di fiori” , in questo caso compro a me stesso. La particella “mi” non ha valore di complemento oggetto, ma ha la funzione di complemento di termine. Il complemento di termine indica il soggetto o la cosa su cui l’azione è rivolta e risponde alle domande “A chi? A che cosa?”. Un esempio può essere “Lola dà una borsa a Giulia“. In certi casi le particelle pronominali servono per indicare un’azione “reciproca” e possono equivalere a “l’un l’altro”. Ad esempio, “Le amiche si abbracciano, mentre i ragazzi si salutano con la mano”. 

Nei verbi intransitivi invece, la particella pronominale fa parte del verbo stesso quindi non può mai essere staccata da esso. Quindi verbi come “vergognarsi”, “rifugiarsi”, “pentirsi”, “rammaricarsi”, sono tutti verbi intransitivi. Questi vengono chiamati di forma pronominale e sono sempre accompagnati dall’ausiliare essere.